Le “Tavole di San Giuseppe”

Nel Salento vi sono tradizioni che, più di altre, riescono a raccontare bene l’identità di un territorio, la sensibilità della sua gente e la sua storia.

Una di queste è legata al rito delle “Tavole di San Giuseppe”, un’antica usanza che si ripete il 19 marzo di ogni anno (e questo è l’unico in cui la tradizione si è fermata, ma confidiamo in San Giuseppe che possa ritornare la sua festa come è sempre stato), con la preparazione di ricche e fantasiose tavolate da condividere con amici, parenti e perché no, anche con perfetti sconosciuti.

Se vi trovate per un qualsiasi motivo nel Salento nel giorno di San Giuseppe ma non solo, bussate alle porte delle famiglie che portano avanti questa consuetudine, statene certi che sarete accolti da una calorosa stretta di mano e dall’invito ad unirvi a tavola, tra sapori tipici, pane fragrante, pesce fritto, verdure di stagione e sorrisi gentili.

Scoprire un luogo assaporando quello che c’è sulla sua tavola è sempre un ottimo modo per farne un’esperienza vera e autentica.

In onore del Santo, per grazia ricevuta o per chiederne l’intercessione in una causa, molte famiglie portano in tavola il cibo più saporito, le ricette più antiche, le tovaglie più belle, insieme a fiori, piante, addobbi, candele, in uno spirito che è la condivisione e l’ospitalità da garantire a chiunque voglia sedersi a tavola: tutto quello che, secondo i racconti dei più anziani, a Giuseppe non fu offerto quando cercava un riparo con Maria per la nascita di Gesù.

I paesi in cui questa tradizione si è maggiormente affermata sono quelli intorno a Otranto, soprattutto sulla costa adriatica.

Giurdignano è senz’altro il centro in cui quest’usanza è più antica e radicata: tra pubbliche e private le tavole sono circa 60.

Spiccano anche le tavole di Uggiano La Chiesa, Casamassella, Minervino, San Cassiano, Otranto, Poggiardo, Giurdignano, Minervino, Cocumola.

Ma ci sono anche tanti altri centri in provincia di Taranto che ne portano avanti la memoria: Sava, San Marzano e Lizzano; e nella provincia di Brindisi, Erchie, San Donaci e San Pietro Vernotico.

Alcuni pensano che si tratti delle zone a più alta influenza bizantina, visto che le Tavole hanno un’origine davvero antica. Secondo la tesi prevalente, invece sarebbe una pratica messa in uso durante il medioevo dai nobili locali che offrivano da mangiare alla gente delle loro terre, soprattutto ai più poveri, usanza che sarebbe poi stata associata alla festività di San Giuseppe.

La scelta dei piatti rispecchia le tradizioni di ogni paese e può prevedere la presenza di pietanze cotte o in parte crude.

Immancabili, in ogni caso, delle grosse ciambelle di pane, anche di 3 o 5 chili, con un’effigie di San Giuseppe o della Sacra Famiglia al centro.
Sulla tavola si possono trovare anche “massa” o “vermiceddhi” con ceci, verdura, crema di fave con pane fritto, pesce fritto o stoccafisso in umido, lampascioni, ceci, cartellate e “purciddruzzi” con il miele, olio e bottiglie di vino, di solito Primitivo.

Alcuni di questi cibi hanno un significato simbolico e rituale:

la pasta e ceci, per i colori bianco e giallo che la caratterizza, rappresenta il fiore tipico della primavera, il narciso;

i lampascioni, invece, il passaggio dall`inverno alla primavera.

Il cavolfiore ricorda la verga fiorita di San Giuseppe;

il pesce fritto, il Cristo stesso;

le cartellate, le fasce di Gesù Bambino, mentre lo stoccafisso, un tempo, era il cibo delle grandi occasioni festive.

I commensali o partecipanti devono essere da un minimo di 3 ad un massimo di 13, sempre in numero dispari, e ovviamente prima di mangiare si recitano preghiere e litanie dedicate al santo.
La forma massima di devozione, per la notevole fatica a cui si incorre, consiste nella preparazione della tavola di soli cibi cotti, specialmente se composta dal numero massimo dei santi, tredici: essa impone, infatti, la preparazione di 169 piatti (13 pietanze per 13 santi).

Questo è il Salento… Buon San Giuseppe e naturalmente a tutti i Papà!