La leggenda, del campanile di Soleto non tutti la conoscono anche se in tanti si chiedono il perché è così armonioso ed aggraziato, tanto da sembrare costruito da mani gentili.
Alcune voci attribuiscono la costruzione all’architetto Colaci, ma siccome si trattava di un uomo comune e senza nessun titolo, il popolo preferì attribuire l’opera al Soletano Matteo Tafuri.
Ma la scelta dei Soletani non cadde su di lui solo perché era di Soleto, ma perché era un uomo culturalmente affermato da meritarsi la fama di mago.
Tutto questo si svolse nella seconda metà del XIV secolo.
Il Tafuri si era laureato all’Università della Sorbona a Parigi.
Oltre che letterato, era filosofo poeta, teologo, medico, matematico, botanico, e astrologo. Tafuri aveva scritto “De misteriis naturae”, i cui argomenti erano la magia, i sogni e le predizioni e soprattutto per questi ultimi scritti egli si meritò la fama di mago.
Si raccontava che tenesse rinchiusi in boccette i diavoli che lo aiutavano nelle sue ricerche.
L’incantesimo più grosso del Tafuri secondo la fantasia popolare, fu proprio la costruzione del campanile di Soleto.
A questo proposito si narra che il mago decise di costruirlo in una notte di tempesta.
Evocato dalle tenebre un esercito di streghe, di demoni e di altri spiriti infernali, egli ordinò loro di erigere un monumentale campanile.
“Attenzione” avverti’ loro Matteo Tafuri “dovete compierlo prima che sorga l’alba ma non solo, esso dovrà essere un’opera unica, un lavoro così fine e prezioso da stupire il mondo intero”.
Subito il diabolico squadrone si mise a lavorare al lume delle torce e per ore ed ore fu un andirivieni incessante per l’aria.
Rauche grida, urla, sghignazzate e fischi echeggiavano confusamente nella notte, ma tutto quel frastuono così come stabilito, cessò d’incanto al sorgere del sole.
Ma se demoni e streghe furono pronti a scomparire allo spuntare del giorno, non furono altrettanto svelti alcuni diavoletti loro aiutanti. Furono infatti colti di sorpresa dalla luce del sole, in cima al campanile, sui quattro angoli e invano tentarono di scappare.
Ormai il sortilegio era cessato, e così essi dovettero restarsene lassù, incastonati nella pietra e trasformati anch’essi in pietra, tanto da completare con le loro forme la la decorazione del campanile.