La cucina economica

Nelle case dei paesi o delle campagne salentine fino agli anni 60, era presente la cucina economica.

Era una stufa, una grande scatola di lamiere di ferro, composta da una piastra con tre fori di diverse dimensioni, coperti da anelli concentrici.
Era anche composta dalla fornace per bruciare legna, da un forno, da una piccola caldaia per l’acqua calda.

Era un ritrovato dei primi anni del 900, dopo l’invenzione della ghisa e del mattone refrattario; prese progressivamente il posto dell’antico focolare o dei più piccoli fornelli a carbonella.

Era un “elettrodomestico” poco elettrico e molto domestico.
Non c’era il pericolo della corrente elettrica “la scossa” o di una fuga di gas.

Era una macchina perfetta per il risparmio energetico: basso consumo, alto rendimento, non lasciava residui, non inquinava.

Assolveva a 10 funzioni:

– Piano di Cottura: il fuoco era sempre acceso per far bollire l’acqua o cuocere la carne, abbrustolire il pane, tenere in caldo le vivande… si poteva usare la fiamma viva e una apposita valvola regolava la fiamma e il calore.

Riscaldamento centralizzato: usando diversi combustibili (legna, carbone, carta ecc..) scaldava in modo omogeneo e continuo la cucina che era il vero cuore della casa (grazie a lamiere di ghisa o ferro e alla pietra refrattaria che manteneva il caldo e lo restituiva in modo progressivo).
I tubi attraversavano la cucina e le camere da letto e il fumo usciva freddo dopo aver donato tutto il suo caldo alla casa.

Boiler: una caldaia inserita all’interno della stufa, forniva acqua bollente alla famiglia.

Umidificatore: l’evaporazione delle pentole in cottura, forniva all’ambiente una giusta misura di umidità; abbatteva la polvere e facilitava la respirazione, specie nei periodi invernali.

Asciugatoio: una raggiera di bacchette di metallo, opportunamente fissate a raggiera intorno al tubo del fumo, era un utile stenditoio per la piccola biancheria. Quando quei bracci non servivano si potevano rinchiudere.
Il corrimano di ottone che proteggeva il piano cottura era un altro stenditoio per asciugamani.

Forno: di solito situato a sinistra in alto vicino alla camera del fuoco, era chiuso da uno sportello.

Scaldavivande: sotto il forno c’era un’altra apertura chiusa da uno sportello: aveva una temperatura più bassa e serviva a tenere in caldo le vivande o per asciugare scarpe e pantofole.

Detersivo ecologico: per fare il bucato, si usava la cenere che bollita forniva un prodotto chimico “l’alsìa” (liscivia, a base di carbonati alcalini) che serviva a lavare lenzuola e vestiti.

Scaldaletto: le braci d’inverno servivano a riempire la “padella” che dentro allo scaldaletto, intiepidivano dolcemente le lenzuola.
La stufa era in certo modo il luogo sacro alle vestali, le donne di casa, dove si conservava il fuoco.

Inceneritore: nella casa non si buttava via niente, i rifiuti organici venivano buttati nella “massa” insieme alla fuligine della pulizia dei tubi e diventano concime;
il ferro e la carta erano “riciclati”, tutto il resto si buttava nel fuoco.

Ma, il fumo che fuoriusciva era anche uno strumento meteorologico e quando la stufa tirava male e il fumo entrava in casa, era segno che la pressione era bassa si prevedevano piogge o bufere.

La cucina economica insomma non era una macchina fredda e anonima come il fornello a gas, la lavastoviglie, il forno a microonde o il frigo.
Era invece un’amica della nostra infanzia, la si accudiva tenendola ben pulita; per accenderla ci voleva un’arte speciale; dopo un po’ di fatica però ti restituiva in calore le sue attenzioni.

Era legata alla figura della madre, al suo amore e al suo calore, che ti accompagnava nelle umide e fredde giornate invernali nel caldo abbraccio del letto riscaldato dalle brace rovente.