La leggenda…della Grotta delle Fate

Nel Salento c’è un piccolo paesino di nome Salve, molto conosciuto per le sue marine…ma anche avvolto nella leggenda.

Nel territorio dei Fani, una zona molto suggestiva tra l’entroterra e il mare, troviamo una grotta…la Grotta delle Fate.

E’ stata esplorata per la prima volta negli anni ’60 dal gruppo speleologico di Maglie “Pasquale de Lorentiis”.

Fa parte di un sistema sotterraneo che mette in comunicazione una stretta diramazione di cunicoli, sulle cui pareti sono presenti antichi graffiti, ed ambienti difficilmente visitabili a causa delle frane avvenute durante i secoli.

Numerose leggende accompagnano questa grotta.

Una notte alcuni contadini che dormivano nei campi circostanti la grotta furono risvegliati da un suono di flauti.

Decisero di andare a vedere cosa stesse succedendo e videro graziose fanciulle ballare con orrende creature che si dirigevano verso la Grotta.

Il giorno dopo decisero di entrare nella grotta ma non trovarono nessun segno di ciò che avevano visto la notte precedente.

La notizia però fece il giro del paese e la gente iniziò a pensare che la Grotta fosse popolata da fate o ninfe dei boschi credenza che sopravvive tutt’oggi…ecco perchè viene chiamata Grotta delle fate.

Un anziano di Salve narra che una notte vide strane creature davanti all’imboccatura della grotta.

Si spaventò e si fece il segno della croce, ma dopo aver fatto ciò le creature scomparvero improvvisamente.

La leggenda più importante però è quella di Nicolino.

La conosco fin da quando ero piccola, grazie ai racconti di mia nonna.

Nicolino era un giovane pastore che un giorno smarrì alcune pecore e decise di cercarle all’interno della Grotta.

Quando entrò vide una macina di pietra con all’interno dei sassolini d’oro.

Improvvisamente la macina si azionò e i sassolini diventarono sottile polvere d’oro.

Nicolino andò in paese e disse a tutti ciò che aveva visto.

Alcune persone lo seguirono, entrarono nella grotta e iniziarono a prendere la polvere d’oro.

In quel momento la macina si fermò e si trasformò in un vecchio rudere, l’oro divenne polvere, e sulla macina apparve una scritta: “Pòppiti ca autru nù ssiti, stati ‘ntra l’oru e no lu canuscìti” (stolti che non siete altro, vivete nell’oro e non lo conoscete).

Avete capito qual’è l’oro di cui parla questa frase dialettale?

Fatecelo sapere nei commenti.