… Pizza?

“La pizza è davvero uno dei simboli più importanti del nostro Paese in tutto il mondo; la sua è una favola che affonda le radici in una storia millenaria che per qualcuno risale addirittura al Neolitico.

Ma quando è nata la pizza? Qual è la sua storia? Oggi lo scopriremo insieme.

Le origini della pizza

Torniamo all’alba dei tempi, per essere più precisi durante il Neolitico.

L’uomo aveva appena padroneggiato l’uso del fuoco e, di conseguenza, iniziavano a comparire le prime (seppur semplici e appunto primitive) tecniche di cottura.

Tra le più importanti troviamo la cottura su pietra ed è proprio qui che possiamo collocare il primo vero e proprio passo della nostra storia.

Pizza e Vicino Oriente

Alcuni artigiani egiziani durante la preparazione del pane

Con la nascita e la rapida diffusione delle prime tecniche dell’agricoltura e la scoperta della cottura sulla pietra, gli uomini del Vicino Oriente non tardarono a capire che l’unione di queste 2 scoperte rappresentava uno dei metodi più efficaci per la produzione di pane azimo e polente a base di cereali.

Ma la scoperta più importante la si deve agli Egizi.

Furono proprio loro infatti, seppur senza esserne consapevoli, a gettare le basi della panificazione, introducendo il lievito nella preparazione di pane, focacce e della pizza “antica”.

La storia della pizza e Roma

Un mosaico dell’antica Roma; salta all’occhio il disco di pane

Inventato il pane, le origini della pizza vera e propria si spostano nell’antica Roma.

I contadini dell’epoca, incrociando tra loro i vari tipi di farro allora conosciuti, diedero vita alla farina (“far” in latino significa proprio farro).

Impastando poi la farina con chicchi di frumento, sale e erbe aromatiche e dando a questa pasta la tipica, e per noi familiare, forma rotonda, diedero vita alla prima focaccia della storia.

Le origini della pizza tonda, o meglio, della focaccia farcita, si devono quindi agli antichi romani che, utilizzando il calore della cenere, erano soliti cuocere questi dischi di pane, utilizzati poi per racchiudere e condire le più diverse e gustose pietanze dell’epoca.

Mancano però numerosi ingredienti per arrivare alla pizza che tutt’oggi conosciamo, amiamo e gustiamo.

Un basso rilievo che raffigura un contadino romano intento a lavorare il farro

La parola pizza: un termine di origine Longobarda

Uno di questi è il vero e proprio termine pizza.

Fin’ora abbiamo infatti abbiamo utilizzato termini come pane, focaccia e polenta.

Il termine pizza quando è stato coniato per la prima volta? Da dove viene?

Nel VII dopo Cristo, con l’arrivo in Italia dei Longobardi, inizia a circolare un nuovo vocabolo gotico-longobardo: “bizzo”, talvolta detto “pizzo”. In tedesco “bizzen”. Ovvero morso.

Ci siamo quasi.
Da morso a boccone, da pezzo di pane a focaccia la sineddoche a catena è servita.

Una tipica cucina del 1300

Verso l’anno Mille si trovano infatti i primi documenti ufficiali col termine “pizza”.

Come in uno datato 1195 e redatto a Penne, in Abruzzo. O quelli della Curia Romana del 1300, dove si parla di “pizis” e “pissas” riferendosi ad alcuni tipici prodotti da forno, di quel periodo, nel centro-sud della penisola. Abruzzo e Molise su tutti seguiti da Napoli.

Ci stiamo avvicinando sempre di più.

Finalmente la pizza arriva a Napoli

Nel 1535, finalmente, nella sua “Descrizione dei luoghi antichi di Napoli”, il poeta e saggista Benedetto Di Falco dice che la “focaccia, in Napoletano, è detta pizza”.

È ufficiale, nemmeno in Campania l’evoluzione della pizza si è mai fermata, tanto meno quella della tradizione.

Un esempio? La tipica schiacciata di farina di frumento, impastata con aglio, strutto e sale grosso che nonostante l’avvento della pizza nel ‘500 incontra il favore delle famiglie povere del Meridione.

In breve tempo però lo strutto viene sostituito dall’olio d’oliva, aprendo la via a ingredienti come formaggi e riscoprendo l’uso delle erbe aromatiche.

È così che, all’alba del XVII secolo fa la sua prima apparizione la pizza “alla Mastunicola” (in dialetto napoletano, del maestro Nicola), una ricetta dall’intenso profumo di basilico.

Il pomodoro dalle Americhe

L’impasto c’è, il formaggio e il basilico ci sono, all’appello manca solo una cosa: il pomodoro.

È solo nel 1600 che la pizza moderna inizia a prender forma. Pasta per pane cotta in forni a legna, condita con aglio, strutto e sale grosso, oppure, nella versione più “ricca”, con caciocavallo e basilico.

Con la scoperta dell’America, poi, arriva il pomodoro anche in Italia e tutto prende un sapore diverso.

Ma si dovrà aspettare il 1700 prima che il pomodoro abbandoni il suo ruolo di pianta ornamentale (considerata anche afrodisiaca), abbracciando così la sua vocazione culinaria.

Il pomodoro fu dapprima usato in cucina come salsa cotta con un po’ di sale e basilico, mentre più tardi qualcuno ebbe l’intuizione di utilizzarlo, inventando, così senza volerlo, la pizza come la conosciamo oggi.

Pur senza mozzarella, che invece completa questa storia solo nel 1800. Lo stesso secolo in cui, ormai, la pizza è diffusissima nel popolino, ma non solo.

La “reale” pizza napoletana

Nemmeno i reali riuscirono a sottrarsi al gusto e al profumo della pizza

La prima ricetta della pizza come la conosciamo oggi è riportata in un trattato dato alle stampe a Napoli nel 1858, che descrive il modo in cui in quegli anni si prepara la “vera pizza napoletana”.

Francesco De Bourcard in “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” arriva perfino a citare una sorta di pizza Margherita ante litteram, con mozzarella e basilico.

Il pomodoro, poi, è ancora opzionale, mentre per i condimenti, si legge, si può usare “quel che vi viene in testa”.

Si arriva all’approvazione ufficiale della pizza nel 1889, in occasione della visita a Napoli degli allora sovrani d’Italia re Umberto I e la regina Margherita.

Questo è davvero un capitolo prezioso per la storia della pizza e, forse, quello più conosciuto.

Durante la passeggiata nella città campana, i regnanti furono accolti da Raffaele Esposito.

Cosiderato il miglior pizzaiolo dell’epoca, che realizzò per loro tre pizze classiche: la pizza alla Mastunicola (strutto, formaggio, basilico), la pizza alla Marinara (pomodoro, aglio, olio, origano) e la pizza pomodoro e mozzarella (pomodoro, olio, mozzarella, origano), realizzata in onore della regina Margherita ed i cui colori richiamavano intenzionalmente il tricolore italiano.

La sovrana apprezzò così tanto quest’ultima da volerne ringraziare ed elogiare l’artefice per iscritto.

E l’unico modo per contraccambiare il gesto da parte del pizzaiolo fu quello di dare il nome della regina alla sua creazione culinaria: “Pizza Margherita”.

Prima l’Italia, ora il Mondo: la pizza come fenomeno globale

Tra Ottocento e Novecento, parlare di pizza è ormai cosa normalissima. E nel tempo ne nascono varianti di qualsiasi genere, per tutti i gusti.

La seconda ondata di diffusione, ad ogni modo, si ha dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La pizza esce dai confini del meridione d’Italia per sbarcare al nord e col boom industriale nel triangolo Milano, Torino e Genova migliaia di emigranti si spostano con le loro famiglie con i modi, gli usi e costumi a loro pertinenti.

Negli anni Sessanta, poi, le pizzerie arrivano praticamente in tutto il Paese. E nel giro di qualche anno, in tutto il mondo.

Dalla Cina al Medio Oriente, dall’Europa dell’est all’America del sud.

Tutti non sanno più farne a meno. E, giustamente, è da non poco in campo la candidatura dell’arte dei pizzaioli napoletani come patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Difficile immaginare un riconoscimento diverso per un piatto con una storia del genere.”

Testo di Andrea Braga