Dal Salento a Roma. I pasticciotti arrivano alla Stazione Termini

È con estremo orgoglio che riportiamo questo articolo del Gambero Rosso.

“La storia della pasticceria Martinucci inizia nel 1950.

Questo è quello che recita l’insegna diventata brand da esportazione. In realtà per risalire alle origini dell’attività bisogna tornare indietro al 1927, quando a Specchia, nell’entroterra salentino, la famiglia Fanese avvia un piccolo forno di paese, destinato a diventare laboratorio ben più ambizioso nel giro di pochi anni.

Negli anni Quaranta fa la sua prima apparizione in famiglia il cognome dei Martinucci: Rocco, figlio del gelatiere autodidatta Giovanni Martinucci, sposa Annunziata Panese: l’incontro è sancito dalla nuova insegna dell’attività, quella che sopravvive oggi, che attesta l’evoluzione dell’impresa, nel segno di una sinergia tra arte dolciaria e panificazione.

E si arriva rapidi agli anni Sessanta, con l’attività avviata a diventare precocemente catena, con l’apertura di diversi punti vendita in Salento, agevolata dal passaggio generazionale.

Alla morte del padre, all’inizio degli anni Ottanta, i figli di Rocco scelgono di affiancare alla produzione artigianale quella industriale di torte, semifreddi e gelato: una transizione che alla metà degli anni Novanta porterà alla separazione tra linee di produzione, in vista dell’ingresso dei prodotti Martinucci nel circuito della Gdo.

Oggi il brand è una potenza di fuoco della pasticceria salentina, presente con numerosi punti vendita in tutta la Puglia (da Bari ad Alberobello, passando per Santa Maria di Leuca e Maglie, dove il locale merita due tazzine e due chicchi della guida Bar d’Italia 2020 per la qualità dell’offerta).

A rifornire i negozi ci pensa il laboratorio di produzione di Acquarica del Capo, nel Basso Salento: le ricette privilegiano la tradizione locale, sfornando fruttoni, cassatine e pasticciotti. Mentre i locali – sotto l’insegna Martinucci Laboratory – si distinguono per lo stile moderno.

La squadra al lavoro in laboratorio, dal canto suo, è un riuscito mix tra veterani dell’attività – come il maestro Benito De Rinaldis, al lavoro dagli anni Settanta su pasta di mandorla e fruttoni, o il cioccolatiere Settimio Giancreco – e giovani leve.

I pasticciotti salentini di Martinucci
Sui pasticciotti, che – insieme al gelato – hanno finito per diventare il prodotto di punta di Martinucci, è al lavoro un vero e proprio team, guidato da Luigi Potenza.

E il dolcetto tipico della tradizione salentina, scrigno di frolla ripieno di crema pasticcera (meglio se mangiato tiepido), viene sfornato fresco, ogni giorno.

In numerose varianti, per assecondare la richiesta numerosa, anche a scapito delle ricette tradizionali (del resto il pasticciotto, trainato dal boom turistico del Salento, è diventato nell’ultimo decennio un’icona pop): con amarena, crema e gianduja, ricotta e pistacchio, crema e cotognata, frolla ai 5 cereali e pezzetti di mela. E “moretto”, con frolla al cacao e crema al cioccolato.

Finora, però, il successo di Martinucci come catena di bar era rimasto confinato alla Puglia.

Dalla metà di dicembre, poco prima di Natale, e quasi in sordina, i pasticciotti di Martinucci (abituati a viaggiare anche oltreoceano, con spedizioni che raggiungono tutto il mondo) sono arrivati nella Capitale, all’interno del primo punto vendita in trasferta, dentro alla stazione Termini.

A Roma, l’insegna di Martinucci Laboratory si raggiunge al piano -1, entrando da via Giolitti; e propone i suoi pasticciotti nelle nove differenti varianti (preparati a vista, e serviti caldi di forno), la puccia pugliese e i rustici leccesi, il caffè in ghiaccio con linfa di mandorle.

A portar via, o da consumare sul posto, nella piccola saletta degustazione.

Tutti i giorni, dalle 5.30 del mattino alle 22.30. I prezzi, sottolineano gli abituée della casa, non sono convenienti quanto quelli pugliesi. La trasferta si paga”.