Parabita – Madonna della coltura

E quandu ‘u cielu e l’aria se sculura,
se sente lu rintoccu t’a campana
te la Matonna Santa t’a Cutura
e la burrasca prestu se ‘lluntana
E a mmenzu a cinca tice Ave Maria
nci suntu jeu cu la famija mia.

Rocco Cataldi, poeta dialettale parabitano

È maggio, il campanile ammicca da lontano, le luminarie si arrampicano per le vie della cittadina, si aprono i mercatini e si chiudono le scuole, arrivano le giostre e, non è improbabile, che a raccontarvi la storia ta Matonna noscia, sia proprio qualcuno che si chiami Coltura.

A Parabita, il santuario della Madonna della Coltura è il cuore dei festeggiamenti che, durante l’ultimo fine settimana di maggio, onorano la Vergine patrona dell’agricoltura e dei contadini, ritrovata, secondo la leggenda, da una coppia di buoi, intenti ad arare la terra.

Si dice che in Contrada Pane, poco fuori le mura della vecchia Parabita, due buoi arassero la terra in una calda mattinata di maggio d’un’epoca imprecisata.

All’improvviso le bestie si fermarono e, nonostante le sferzate del contadino, rifiutarono di proseguire il lavoro.

L’uomo, spazientito, cominciò a scavare con le proprie mani, riportando alla luce un blocco di pietra raffigurante la Vergine.

Il contadino lasciò l’aratro e corse a dare il lieto annuncio ai suoi concittadini, che accorsero felici e sbigottirono davanti ai buoi inginocchiati e all’immagine dipinta a fresco, che trasportarono d’impeto in una vecchia cappella e poi trasferirono nell’importante Chiesa Madre.

Lo stupore fu ancora più grande il giorno dopo, quando la nicchia della Chiesa Madre fu ritrovata vuota e il monolito con la Vergine rinvenuto nella cappella decadente, a pochi passi dalla campagna.

La fermezza di Maria fu interpretata come un segno divino e sulle pietre della vecchia cappella, esistenti sin dal Quattrocento, fu innalzato il Santuario.