Un’attività nata tanti decenni fa per il fabbisogno familiare e sviluppatasi per esigenze lavorative, rappresenta un lavoro ormai scomparso, che nel Salento ha avuto il suo culmine intorno agli anni settanta.
In tutto il nostro territorio la tessitura avveniva con fibre coltivate nelle nostre campagne oppure con la lana delle nostre pecore, ancora numerose in quei tempi.
“Lu talaru” era il mezzo che si usava ancora in casa fino a circa trent’anni fa pur occupando degli spazi molto grandi, ed era la mamma, o la nonna che abitualmente aveva il compito di tessere, proprio perché era un lavoro basato sulla manualità e creatività, ragion per cui la donna era quella più adatta e più paziente, ma anche perché grazie a questa attività contribuiva a migliorare la situazione economica della famiglia.
La donna quindi, seduta dietro al telaio, funzionante con l’uso dei piedi e delle mani, trasformava i fili di fibra in stupende tovaglie o arredi in tessuto.
Le tessitrici con il loro rituale fatto di passaggi, di intrecci e di colpi ritmati davano quasi vita ad una danza antica come fosse Penelope che, al ritmo incessante del suo telaio aspettava il suo Ulisse, con la differenza che le donne salentine disfacevano il loro lavoro nel caso in cui ci fosse un errore… ma tutto questo rituale assomigliava davvero ad un’antica danza orientale, vista anche l’influenza della vicina Grecia e il Medio Oriente.
“Lu talaru” era costruito in legno d’ulivo ed era un attrezzo dalle origini antichissime, molto complesso e di una certa dimensione.
Era costituito da quattro colonnine ai lati tenute insieme da altrettanti raccordi trasversali. Nella parte bassa, a pochi centimetri dal pavimento, c’erano due lunghi pedali collegati da corde.
Nel telaio vi erano sistemati due rulli, uno collocato davanti vicino al pettine e serviva per avvolgere ciò che si tesseva, l’altro invece era nella parte posteriore e reggeva i fili dell’ordito da lavorare.
Nella mano della tessitrice c’era una spola, sempre di legno a forma di barca che conteneva la fibra avvolta su un pezzo di canna e al suo passaggio lasciava il filo necessario per la realizzazione del tessuto.
Tra un colpo di pettine e uno di pedale la trama prendeva consistenza dando origine al tessuto con uno sviluppo lento ma costante. Nascevano così tovaglie, tappeti, arazzi di varie grandezze e con colori diversi.